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Legge 13 del 1989 Abbattimento barriere Architettoniche

Legge n. 13 del 1989 è il principale strumento legislativo contro le barriere architettoniche in Italia.
Testo aggiornato della legge 9 gennaio 1989, n. 13 recante:
“Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli
edifici privati”. ( Suppl.ordinario alla G.U. n. 145, del 23.6.1989)

AVVERTENZA:
Il testo aggiornato qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell’art. 110, comma 2, del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, nonché
dell’art. 10, commi 2 e 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura sia delle
disposizioni della legge, integrate con le modifiche apportate dalle nuove disposizioni di legge, che
di quelle modificate o richiamate nella legge stessa, trascritte nelle note. Restano invariati il valore e
l’efficacia degli atti legislativi qui riportati.
Nel testo di detta legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 21 del 26
gennaio 1989, sono state, pertanto, inserite le modifiche (evidenziate con caratteri corsivi) ad essa
apportate dalla legge 27 febbraio 1989, n. 62, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – serie generale –
n. 48 del 27 febbraio 1989.
Art. 1
1. I progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi
edifici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata, presentati
dopo sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge sono redatti in osservanza delle prescrizioni
tecniche previste dal comma 2.
2. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei lavori pubblici
fissa con proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità
e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata .
3. La progettazione deve comunque prevedere:
a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l’accesso ai piani
superiori, ivi compresi i servoscala;
b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari;
c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento;
d) l’installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per
ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini.
4. E’ fatto obbligo di allegare al progetto la dichiarazione del professionista abilitato di
conformità degli elaborati alle disposizioni adottate ai sensi della presente legge.
Art. 2
1.Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette
ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971,
n. 118, ed all’art. 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n.
384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e l’installazione di dispositivi di segnalazione atti
a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del
condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’art. 1136,
secondo e terzo comma, del codice civile.
2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla
richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne
esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a
proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche
modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici,
agli ascensori e alle rampe dei garages.
3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma,
del codice civile.
Art. 3
1. Le opere di cui all’art. 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze
previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di
uso comune a pi fabbricati.
2. E’ fatto salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice
civile nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno
spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
Art. 4
1. Per gli interventi di cui all’art. 2, ove l’immobile sia soggetto al vincolo di cui all’art. 1
della legge 29 giugno 1939, n. 1497, le regioni, o le autorità da esse subdelegate, competenti al
rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 7 della citata legge, provvedono entro il termine perentorio
di novanta giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite
prescrizioni.
2. La mancata pronuncia nel termine di cui al comma 1 equivale ad assenso.
3. In caso di diniego, gli interessati possono, entro i trenta giorni successivi, richiedere
l’autorizzazione al Ministro per i beni culturali e ambientali, che deve pronunciarsi entro centoventi
giorni dalla data di ricevimento della richiesta.
4. L’autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza
serio pregiudizio del bene tutelato.
5. Il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del
pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a
tutte le alternative eventualmente prospettate dall’interessato.
Art. 5
1. Nel caso in cui per l’immobile sia stata effettuata la notifica ai sensi dell’art. 2 della legge
1° giugno 1939, n. 1089, sulla domanda di autorizzazione prevista dall’art. 13 della predetta legge
la competente soprintendenza è tenuta a provvedere entro centoventi giorni dalla presentazione
della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni. Si applicano le
disposizioni di cui all’art. 4, commi 2, 4 e 5.
Art. 6
1. L’esecuzione delle opere edilizie di cui all’art. 2, da realizzare nel rispetto delle norme
antisismiche e di prevenzione degli incendi e degli infortuni, non è soggetta all’autorizzazione di
cui all’art. 18 della legge 2 febbraio 1974, n. 64.
2. Resta fermo l’obbligo del preavviso e dell’invio del progetto alle competenti autorità, a
norma dell’art. 17 della stessa legge 2 febbraio 1974, n. 64.
Art. 7
1. L’esecuzione delle opere edilizie di cui all’art. 2 non è soggetta a concessione edilizia o
ad autorizzazione. Per la realizzazione delle opere interne, come definite dall’art. 26 della legge 28
febbraio 1985, n. 47, contestualmente all’inizio dei lavori, in luogo di quella prevista dal predetto
art. 26, l’interessato presenta al sindaco apposita relazione a firma di un professionista abilitato.
2. Qualora le opere di cui al comma 1 consistano in rampe o ascensori esterni ovvero in
manufatti che alterino la sagoma dell’edificio, si applicano le disposizioni relative
all’autorizzazione di cui all’art. 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni ed
integrazioni.
Art. 8
1. Alle domande ovvero alle comunicazioni al sindaco relative alla realizzazione di
interventi di cui alla presente legge, è allegato certificato medico in carta libera attestante
l’handicap e dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 4 della legge 4 gennaio
1968, n. 15, dalla quale risultino l’ubicazione della propria abitazione, nonchè le difficoltà di
accesso.
Art. 9
1. Per la realizzazione di opere direttamente finalizzate al superamento e all’eliminazione di
barriere architettoniche in edifici già esistenti, anche se adibiti a centri o istituti residenziali per
l’assistenza ai soggetti di cui al comma 3, sono concessi contributi a fondo perduto con le modalità
di cui al comma 2. Tali contributi sono cumulabili con quelli concessi a qualsiasi titolo al
condominio, al centro o istituto o al portatore di handicap.
2. Il contributo concesso in misura pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi fino a
lire cinque milioni; aumentato del venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta per
costi da lire cinque milioni a lire venticinque milioni, e altresì di un ulteriore cinque per cento per
costi da lire venticinque milioni a lire cento milioni.
3. Hanno diritto ai contributi, con le procedure determinate dagli articoli 10 e 11, i portatori
di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti, ivi compresa la cecità, ovvero quelle relative
alla deambulazione e alla mobilità, coloro i quali abbiano a carico i citati soggetti ai sensi dell’art.
12 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché i condomini ove
risiedano le suddette categorie di beneficiari.
4. Nella lettera e) del comma 1 dell’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, le parole “mezzi necessari per la deambulazione e la locomozione”, sono
sostituite dalle parole “mezzi necessari per la deambulazione, la locomozione e il sollevamento”. La
presente disposizione ha effetto dal 1° gennaio 1988.
Art. 10
1. E’ istituito presso il Ministero dei lavori pubblici il Fondo speciale per l’eliminazione e il
superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati.
2. Il Fondo annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del Ministro dei
lavori pubblici di concerto con i Ministri per gli affari sociali, per i problemi delle aree urbane e del
tesoro, in proporzione del fabbisogno indicato dalle regioni ai sensi dell’art. 11, comma 5. Le
regioni ripartiscono le somme assegnate tra i comuni richiedenti.
3. I sindaci, entro trenta giorni dalla comunicazione delle disponibilità attribuite ai comuni,
assegnano i contributi agli interessati che ne abbiano fatto tempestiva richiesta.
4. Nell’ipotesi in cui le somme attribuite al comune non siano sufficienti coprire l’intero
fabbisogno, il sindaco le ripartisce con precedenza per le domande presentate da portatori di
handicap riconosciuti invalidi totali con difficoltà di deambulazione dalle competenti unità sanitarie
locali e, in subordine, tenuto conto dell’ordine cronologico di presentazione delle domande. Le
domande non soddisfatte nell’anno per insufficienza di fondi restano valide per gli anni successivi.
5. I contributi devono essere erogati entro quindici giorni dalla presentazione delle fatture dei lavori,
debitamente quietanzate.
Art. 11
1. Gli interessati debbono presentare domanda al sindaco del comune in cui sito l’immobile
con indicazione delle opere da realizzare e della spesa prevista entro il 1° marzo di ciascun anno.
2. Per l’anno 1989 la domanda deve essere presentata entro il 31 luglio.
3. Alla domanda debbono essere allegati il certificato e la dichiarazione sostitutiva dell’atto
di notorietà di cui all’art. 8.
4. Il sindaco, nel termine di trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la
presentazione delle domande, stabilisce il fabbisogno complessivo del comune sulla base delle
domande ritenute ammissibili e le trasmette alla regione.
5. La regione determina il proprio fabbisogno complessivo e trasmette entro trenta giorni
dalla scadenza del termine previsto dal comma 4 al Ministero dei lavori pubblici la richiesta di
partecipazione alla ripartizione del Fondo di cui all’art. 10, comma 2.
Art. 12
1. Il Fondo di cui all’articolo 10 è alimentato con lire 20 miliardi per ciascuno degli anni
1989, 1990 e 1991. Al predetto onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1989-1991, al capitolo 9001 dello stato di
previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1989 all’uopo utilizzando l’accantonamento
“Concorso dello Stato nelle spese dei privati per interventi volti al superamento delle barriere
architettoniche negli edifici” per lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 1989, 1990 e 1991.
2. Le somme eventualmente non utilizzate nell’anno di riferimento sono riassegnate al fondo
per l’anno successivo.
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
Circolare Ministeriale – Ministero dei Lavori Pubblici –
22 giugno 1989, n. 1669/U.L.
Oggetto: “Circolare esplicativa della legge 9 gennaio 1989, n. 13.”
1. Ambito di applicazione
1.1. La legge 9.1.1989, n. 13 – così come modificata e integrata dalla L. 27.2.1989, n. 62, –
reca “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici privati”, ed interviene, quindi, nel tessuto normativo preposto ad assicurare
l’utilizzazione degli spazi edificati, e a quelli ad essi accessori, a una sempre più allargata
fascia di individui, con particolare riguardo a chi, permanentemente o temporaneamente,
soffre di una ridotta o impedita capacità motoria.
Opera pertanto, la legge 13/’89, nel solco di altri interventi normativi, che a livello statuale, si
sono nel passato avuti nella materia che ci occupa; primo fra tutti la L. 30.3.1971, n. 118 (e il
D.P.R. 27.4.1978, n. 384 contenente il regolamento di attuazione ex art. 27 della predetta L.
118/1971) che affrontava il problema del superamento delle barriere architettoniche negli
edifici pubblici, privati aperti al pubblico e nel settore dei trasporti pubblici. Meritano inoltre di
essere menzionate le circolari del Ministero dei LL.PP. 20.1.1967, n. 425 e, soprattutto,
19.6.1968, n. 4809 che possono essere considerati i primi approcci istituzionali al problema.
Per effetto di tali preesistenti normative la tematica del superamento delle barriere
architettoniche era riferita essenzialmente agli edifici pubblici e a quelli privati aperti al
pubblico (art. 27 L. 118/71) e, soltanto marginalmente, anche a quelli di edilizia residenziale
pubblica (art. 17 D.P.R. 384/1978).
Rimanevano pertanto quasi del tutto estranei alla considerazione del legislatore gli edifici
ove, di norma, si svolge una considerevole e, sotto taluni aspetti, primaria sfera della vita di
relazione delle persone: gli edifici privati e quelli destinati ad uso abitativo. A colmare tale
lacuna è intervenuta la legge 13/’89.
1.2. Per l’espressa disposizione contenuta nel titolo della legge e per quanto è previsto
all’art. 1, 1° comma, il campo di applicazione della normativa in disamina è, per l’appunto,
riferita agli edifici privati di nuova costruzione; agli edifici di edilizia residenziale pubblica
sovvenzionata ed agevolata, di nuova costruzione; alla ristrutturazione degli edifici privati e
di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata; agli spazi esterni di pertinenza
degli edifici di cui ai punti precedenti.
1.3. La legge 13/1989 può essere suddivisa in tre distinte parti, delle quali la prima è
dedicata alle previsioni relative alla costruzione di nuovi edifici ed alla ristrutturazione di
interi edifici (art. 1); la seconda al tema delle innovazioni da attuare sugli edifici esistenti
dirette alla eliminazione delle barriere architettoniche (articoli 2-7); la terza, infine, è volta a
regolare la materia concernente la concessione di contributi a fondo perduto per la
realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento e all’eliminazione di
barriere architettoniche in favore di portatori di menomazioni o limitazioni funzionali
permanenti (articoli 8-12).
2. Nuove costruzioni e ristrutturazioni
2.1. Per quanto riguarda la prima parte è importante sottolineare che, a decorrere dall’11
agosto 1989 (primo giorno posteriore ai sei mesi dall’entrata in vigore delle legge previsti
dall’art. 1, comma 1), tutti i progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici ovvero alla
ristrutturazione di interi edifici (siano essi, nel primo e nel secondo caso, destinati ad uso
abitativo o ad uso non abitativo), compresi anche quelli di edilizia residenziale pubblica,
sovvenzionata ed agevolata, dovranno essere adeguati alle prescrizioni tecniche contenute
nel decreto del Ministro dei Lavori Pubblici di cui al comma 2 dell’art. 1.
Restano pertanto esclusi dalla portata della disposizione in argomento i soli edifici pubblici,
per i quali continuano ad applicarsi le norme tecniche contenute nel D.P.R. 384/1978.
Per quanto riguarda, in particolare, gli edifici privati aperti al pubblico (che pur erano stati
oggetto di disciplina da parte del D.P.R. da ultimo citato) questi devono essere ritenuti
compresi nell’ambito di applicazione delle più recente L. 13/1989.
Per ciò che concerne il contenuto dei termini accessibilità, adattabilità e visitabilità adottati al
2° comma per indicare i tre fondamentali livelli qualitativi di progettazione e di realizzazione
degli spazi costruiti, si rimanda a quanto disposto nel decreto del Ministero Lavori Pubblici di
cui allo stesso comma 2.
Il comma 3 contiene una serie di norme prestazionali dirette a stabilire i requisiti che la
progettazione deve “comunque” prevedere: tali criteri debbono essere quindi intesi come
“standard” minimi di progettazione, fermo restando le prescrizioni tecniche necessarie a
garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità contenute nel decreto.
3. Innovazioni
3.1. Le modifiche alle parti comuni di un edificio residenziale privato con pluralità di
proprietari (condominio), tendenti al superamento o all’eliminazione delle barriere
architettoniche, potranno essere adottate, secondo quanto prescrive l’art. 2 comma 1,
dall’assemblea condominiale secondo le modalità previste nell’art. 1136, 2° e 3° comma, del
codice civile.
La richiesta al condominio può essere fatta sia dal portatore di handicap (ovvero da chi ne
esercita la tutela o potestà) che da ogni altro condomino.
E’ onere di chi ha interesse alla innovazione formulare al condominio relativa richiesta
scritta: da tale momento infatti decorrono i tre mesi oltre i quali, nell’ipotesi di mancata
pronunzia in ordine alla richiesta modifica, potrà essere esercitato il diritto di cui al comma 2.
La disposizione contenuta nell’art. 2 deve ritenersi applicabile, oltre alle ipotesi in cui il
portatore di handicap sia proprietario della porzione di immobile, anche all’ipotesi in cui lo
detenga a titolo di locazione.
3.2. Il comma 2 dell’art. 2 consente inoltre, nella ipotesi in cui il condominio non approvi la
innovazione prospettata o non si pronunzi entro tre mesi dalla stessa richiesta di modifica,
che il portatore di handicap, ovvero che ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del
libro primo del cod. civ., possa procedere autonomamente e a proprie spese alla messa in
opera di particolari innovazioni sulle parti comuni o di uso comune dell’edificio, quali
l’installazione di servoscala, o di altre strutture mobili e facilmente rimovibili, e la modifica
dell’ampiezza delle porte di accesso.
Il diritto potestativo di cui si è detto è esercitabile anche nei confronti dell’unico proprietario
dell’immobile, sia esso soggetto privato o pubblico.
Al proprietario dell’immobile dovrà conseguentemente essere rivolta la richiesta di
innovazione.
3.3. Potrà beneficiare delle disposizioni contenute nell’art. 2 in esame colui il quale, affetto
da obiettive menomazioni o per effetto di patologie invalidanti irreversibili ( pneumopatie,
disturbi cardiocircolatori, ecc.), non sia in grado di raggiungere la propria abitazione se non
con l’aiuto di terze persone, a rischio della salute.
3.4. Il comma 3 dell’art. 2, richiamandosi a specifiche norme del codice civile, detta infine
disposizioni comportanti il divieto di eseguire innovazioni che possano recare pregiudizio
all’immobile (art. 1120, 2° comma, cod. civ.) e la possibilità da parte del condomino, che si
sia dissociato dalla volontà di modificare le cose comuni con innovazioni suscettibili di
utilizzazione separata (es. ascensore), di partecipare in un secondo momento ai vantaggi
della innovazione, contribuendo, ai sensi dell’art. 1121, 3° comma, cod. civ., alle spese di
esecuzione e manutenzione dell’opera. La stessa facoltà, oltre al condomino, spetta ai suoi
eredi o aventi causa.
In definitiva le opere oggetto delle deliberazioni di cui al comma 1 dell’art. 2, finalizzate al
superamento delle barriere architettoniche, incontrano gli unici limiti nel pregiudizio alla
stabilità o alla sicurezza del fabbricato, nell’alterazione del decoro architettonico o nella
inservibilità all’uso o al godimento anche di un solo condomino di parti comuni (art. 1120, 2°
c., cod. civ.).
Le innovazioni invece eseguibili ai sensi del comma 2 dell’art.2, cioè quelle poste in essere
dal portatore di handicap (ovvero da chi ne esercita la tutela o potestà), a proprie spese,
nell’ipotesi di rifiuto o mancata risposta da parte del condominio, oltre ai limiti sopra
menzionati (art. 1120, 2° c., cod. civ.), possono riguardare tassativamente soltanto gli
interventi specificati nel comma stesso, quali, a titolo esemplificativo, il servoscala, la
piattaforma mobile, i sistemi di apertura automatica di porte o cancelli, le carrozzelle
elettriche montascale (ma non anche, quindi, l’ascensore).
3.5. Problemi particolari possono sorgere con riguardo all’ipotesi in cui il portatore di
handicap abiti a titolo di proprietà o di locazione l’alloggio, e a seconda che le opere
incidano sulle parti comuni o meno.
Se l’interessato è proprietario e le innovazioni riguardano parti comuni di un edificio
condominiale è necessario munirsi dell’autorizzazione del condominio. Se l’assemblea
approva, con le maggioranze previste, la modifica, la spesa sarà ripartita, secondo i criteri
stabiliti nel codice civile, per quote millesimali (fermo restando la possibilità di ottenere il
contributo di cui agli articoli 9 e segg.). Se invece l’assemblea non delibera l’innovazione (o
comunque non si pronuncia entro tre mesi in merito ad essa), nell’ipotesi in cui le opere
siano tra quelle comprese nell’elencazione formulata nel più volte citato comma 2 dell’art. 2
e il portatore di handicap (o chi ne esercita la tutela o potestà) intenda avvalersi del diritto di
farle eseguire ugualmente, le spese saranno a suo totale carico per l’espressa previsione
contenuta nella medesima disposizione (sempre salvo il contributo di cui si è detto).
3.6. Se il portatore di handicap occupa l’immobile a titolo di locazione e le innovazioni
debbono eseguirsi all’interno dell’alloggio, deve essere acquisito il consenso del locatore.
Tale consenso costituisce altresì titolo per eventualmente ottenere, ai sensi dell’art. 1592
c.c., la prescritta indennità per miglioramenti da parte del proprietario. Le spese per
l’innovazione sono a carico del conduttore.
Qualora, fermo restando l’occupazione dell’alloggio a titolo di locazione, la modifica sia
inerente alle parti di uso comune sarà necessaria l’autorizzazione del proprietario e le spese
devono intendersi a carico del portatore di handicap. In mancanza di tale autorizzazione il
portatore di handicap, sussistendo le ipotesi di cui all’art. 2, comma 2 potrà a proprie spese
procedere alla esecuzione dell’opera (ferma restando, nei tre casi da ultimo richiamati, la
possibilità di ottenere il contributo a fondo perduto).
3.7. Nell’ottica di facilitare l’esecuzione delle opere volte al superamento delle barriere
architettoniche l’art. 3 introduce la possibilità di “derogare” (con il limite di cui al comma 2)
alle norme sulle distanze precisate dai regolamenti edilizi, anche per quanto riguarda le
innovazioni incidenti sugli spazi interni ai fabbricati quali cortili, chiostrine o spazi di uso
comune.
3.8. Le opere dirette al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche da
eseguirsi su immobili vincolati ai sensi delle leggi n. 1089 e n. 1497 del 1939 sono state
oggetto di previsione da parte degli articoli 4 e 5 della legge.
In tali disposizioni sono state previste semplificazioni inerenti al rilascio di nullaosta o pareri
delle autorità preposte alla tutela dei vincoli.
In particolare, per gli immobili soggetti al vincolo storico-artistico di cui alla legge 1089,
l’istanza di autorizzazione va inoltrata alla Sovraintendenza competente la quale dovrà
pronunziarsi entro 120 giorni dalla data di presentazione della domanda. Il predetto organo
amministrativo potrà impartire apposite prescrizioni ritenute idonee alla soluzione del
problema.
Trascorso inutilmente il predetto termine il silenzio avrà valore di assenso.
Per gli immobili soggetti al vincolo ambientale di cui alla legge 1497/1939 la domanda va
presentata alla Regione (oppure all’ente da essa delegato), la quale dovrà provvedere entro
90 giorni dalla data della presentazione.
Anche in questo caso l’autorità amministrativa potrà dettare prescrizioni tecniche. Anche in
questo caso la mancata pronunzia entro il termine predetto vale come implicita
autorizzazione. Contro il diniego motivato l’interessato può proporre ricorso entro il termine
di 30 giorni al Ministero dei beni culturali e ambientali il quale avrà tempo 120 giorni per
pronunciarsi in ordine alla richiesta. Il silenzio oltre il 120° giorno, avrà, questa volta, valore
di rigetto del ricorso.
La compatibilità tra l’innovazione richiesta ed il vincolo storico-artistico od ambientale trova
limite soltanto nel “serio pregiudizio” che verrebbe a prodursi a carico dell’immobile per
effetto della esecuzione dell’opera.
E’ da sottolineare come l’organo competente al rilascio dell’autorizzazione sia tenuto, ai
sensi del comma 5 dell’art. 4, non soltanto a motivare il diniego con riferimento alla specifica
natura e serietà del pregiudizio, ma anche ad esaminare ed a pronunciarsi in merito alle
soluzioni alternative eventualmente prospettate nella richiesta.
3.9 L’art. 7 prevede in linea generale che l’esecuzione delle opere necessarie per
l’abbattimento delle barriere architettoniche non sono soggette né a concessione né ad
autorizzazione edilizia; se si tratta di opere interne va presentata una relazione a firma di un
professionista abilitato ai sensi dell’art. 26 della legge 47/1985; se invece le opere incidono
sulla struttura esterna dell’immobile modificandone la sagoma occorre che le opere siano
munite di autorizzazione edilizia.
4. Il procedimento per la concessione dei contributi
4.1. Le domande di cui all’art. 8 per la concessione di contributi per la realizzazione delle
opere descritte nell’art. 9 comma 1, concedibili ai sensi del comma 3 dello stesso articolo per
interventi su immobili privati già esistenti ove risiedono portatori di menomazioni o limitazioni
funzionali permanenti, vanno presentate in carta da bollo, non essendo previste esenzioni
dalle vigenti norme sulla imposta di bollo.
4.2. Le domande devono essere presentate dal portatore di handicap (ovvero da chi ne
esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro I° del codice civile) per l’immobile nel
quale egli ha la residenza abituale e per opere che eliminino ostacoli alla sua mobilità. Nel
caso di pluralità di handicappati fruitori la domanda può essere formulata da uno o più di
essi, fermo restando che per ogni opera può chiedersi un solo contributo, secondo quanto
più ampiamente oltre si dirà (v. n. 4.10).
Non sono invece legittimati alla presentazione della domanda altri soggetti, neanche quelli
(quali il proprietario dell’immobile o l’amministratore del condominio) che, affrontando la
spesa, possono essere titolari del diritto ai contributi ai sensi del comma 3° dell’art. 9, come
oltre specificato: se l’opera viene compiuta a spese di soggetti diversi dal portatore di
handicap la domanda deve essere da questi sottoscritta per conferma del contenuto e per
adesione.
Ai sensi dell’art. 11 la domanda deve essere presentata al sindaco del comune in cui è sito
l’immobile e deve contenere la descrizione anche sommaria delle opere, nonché la spesa
prevista; non è necessario un preventivo analitico né la provenienza dello stesso da parte di
un tecnico o esperto, essendo sufficiente l’indicazione anche complessiva della spesa
proveniente dal richiedente (con l’avvertenza, però che una inesatta indicazione potrà
andare a scapito del richiedente, come di seguito meglio precisato al punto 15).
Qualora l’immobile sia soggetto ai vincoli storico-artistici o ambientali richiamati dagli articoli
4 e 5, l’interessato deve richiedere l’autorizzazione all’intervento.
Inoltre, qualora l’immobile sia soggetto alle previsioni di cui all’art. 17 della legge 2 febbraio
1974, n. 64 (recante “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone
sismiche”) il richiedente deve provvedere ad adempiere all’obbligo del preavviso e dell’invio
del progetto alle competenti autorità, obbligo mantenuto fermo ai sensi del comma 2 dell’art.
6.
4.3. Per ogni domanda può essere erogato un solo contributo: la domanda può riguardare,
oltre ad una sola opera, un insieme di opere funzionalmente connesse, come meglio si
chiarisce oltre.
La domanda deve indicare il soggetto avente diritto al contributo, che deve identificarsi nel
soggetto onerato dalle spese per la realizzazione dell’opera. Questi può pertanto coincidere
con l’handicappato presentatore della domanda qualora egli stesso provveda a proprie
spese, ma può essere un diverso soggetto (che deve sottoscrivere, come si è detto, la
domanda, per conferma e adesione): fra questi, ad esempio, coloro i quali abbiano a carico
l’handicappato ai sensi dell’art. 12 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il condominio o il
proprietario dell’immobile ove risiede l’handicappato.
Nel caso in cui le spese siano eseguite dal condominio nella domanda deve indicarsi il
nominativo dell’amministratore.
4.4. Il termine per la presentazione della domanda è fissato al 1° marzo di ciascun anno: per
il solo 1989 al 31 luglio.
4.5. La domanda deve riguardare opere non ancora realizzate: i comuni nei quali le opere
debbono essere eseguite possono accertare che le domande non si riferiscano ad opere già
esistenti o in corso di esecuzione, anche mediante controlli a campione, da effettuarsi
immediatamente dopo la presentazione della domanda.
Per le domande già presentate per l’anno 1989 il suddetto accertamento può essere
effettuato dai comuni anche successivamente ma comunque entro il termine posto dalla
legge per l’individuazione del fabbisogno complessivo.
Le domande già presentate per il corrente anno e non conformi alle prescrizioni della
presente circolare, possono essere adeguate alle stesse su iniziativa del richiedente, o, in
difetto, su invito del sindaco a cui sono state presentate.
Dopo la presentazione della domanda gli interessati possono realizzare direttamente le
opere senza attendere la conclusione del procedimento amministrativo e, quindi,
sopportando il rischio della eventuale mancata concessione di contributo.
4.6. Alla domanda devono essere allegati il certificato medico e la dichiarazione sostitutiva di
cui all’art. 8.
Il certificato medico, in carta semplice, può essere redatto e sottoscritto, da qualsiasi
medico, e deve attestare l’handicap del richiedente, precisando da quali patologie dipende e
quali obiettive difficoltà alla mobilità ne discendano, con specificazione, ove occorre, che
l’handicap si concreta in una menomazione o limitazione funzionale permanente. Le
difficoltà sono definite in astratto e non necessariamente con riferimento all’immobile ove
risiede il richiedente.
Qualora il richiedente si trovi nella condizione di portatore di handicap riconosciuto invalido
totale con difficoltà di deambulazione dalla competente unità sanitaria locale, ove voglia
avvalersi della precedenza prevista dal comma 4 dell’art. 10, deve allegare anche la relativa
certificazione della U.S.L. (anche in fotocopia autenticata).
4.7. La dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio deve specificare l’ubicazione dell’immobile
ove risiede il richiedente e su cui si vuole intervenire, con indicazione del comune, della via
o piazza e del numero civico, nonché del piano e dell’interno qualora si tratti di
appartamento che occupi una porzione dell’immobile. Devono inoltre essere descritti
succintamente gli ostacoli alla mobilità correlati all’esistenza di barriere o di assenza di
segnalazioni.
L’interessato deve inoltre dichiarare che le opere non sono già esistenti o in corso di
esecuzione. Deve altresì dichiarare se per le medesime opere gli siano stati concessi altri
contributi (v. punto n. 12).
4.8. Affinché sorga il diritto ai contributi, ai sensi del comma 3 dell’art. 9, l’opera deve essere
volta al superamento o all’eliminazione di barriere architettoniche che costituiscano ostacolo
a portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti: fra queste l’art. 9 indica, a
titolo esemplificativo, la cecità e le menomazioni relative alla deambulazione e alla mobilità.
Inoltre il portatore di handicap deve avere effettiva, stabile ed abituale dimora nell’immobile
su cui si interviene: non sorge pertanto il diritto al contributo qualora l’handicappato abbia
nell’immobile dimora solo saltuaria o stagionale ovvero precaria.
4.9. Qualora non risulti materialmente o giuridicamente possibile la realizzazione delle opere
di modifica dell’immobile, i contributi possono essere concessi anche per l’acquisto di beni
mobili che, per caratteristiche funzionali, risultino strettamente idonei al raggiungimento dei
medesimi fini che si sarebbero perseguiti con l’opera non realizzabile.
4.10. Il contributo può essere concesso sia per opere da realizzare su parti comuni
dell’edificio, sia su immobili o porzioni degli stessi in esclusiva proprietà o godimento
all’handicappato: può, ad esempio, concedersi per opera da realizzare all’interno
dell’appartamento condotto in locazione ove l’handicappato dimora stabilmente.
Ogni contributo viene erogato in relazione alla singola opera o insieme di opere
funzionalmente connesse.
Per opere funzionalmente connesse si intende una pluralità di interventi sullo stesso
immobile volti a rimuovere più barriere che creano ostacolo alla stessa funzione (ad
esempio portone di ingresso troppo stretto e scale, che impediscono l’accesso a soggetto
non deambulante).
Ciò implica le seguenti conseguenze.
Qualora di un’unica opera possano fruire più handicappati, viene concesso un solo
contributo: viene quindi presentata una sola domanda, come già in precedenza chiarito (n.
4.2).
Qualora varie barriere sussistano nello stesso immobile, ostacolando la stessa funzione,
può formularsi un’unica domanda ed ottenere quindi un solo contributo, per il compimento
delle varie opere funzionalmente connesse.
Se la varie barriere ostacolano invece diverse funzioni (ad esempio: assenza di ascensore e
servizio igienico non fruibile), l’handicappato può ottenere vari contributi per ogni opera
necessaria, presentando una diversa domanda per ognuna di esse.
4.11. L’entità del contributo concedibile va determinata ai sensi del disposto del comma 2
dell’art. 9 sulla base delle spese effettivamente sostenute e comprovate: il computo va
effettuato, in relazione ai vari scaglioni di spesa previsti, nei modi che si illustrano.
Per costi entro i cinque milioni di lire il contributo è concesso in misura pari alla spesa.
Per costi da lire cinque milioni a lire venticinque milioni il contributo è aumentato del
venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta.
Il computo deve così eseguirsi: il contributo base di lire cinque milioni si detrae dalla cifra
spesa; sulla differenza si calcola il venticinque per cento che si aggiunge al contributo base.
Ad esempio per una spesa di lire quindici milioni si deve così procedere: contributo base: lire
cinque milioni, detrazione della spesa di lire cinque milioni, con risultato di lire dieci milioni;
computo del venticinque per cento su tale cifra residua, con risultato di lire due milioni e
cinquecentomila che, aggiunto al contributo base di lire cinque milioni, consente l’erogazione
del contributo totale di lire sette milioni e cinquecentomila.
Per costi da lire venticinque milioni a lire cento milioni si aumenta l’erogazione di un ulteriore
cinque per cento. Pertanto devono sommarsi i cinque milioni del contributo di base, il
venticinque per cento del costo ulteriore fino a lire venticinque milioni, cioè ulteriori lire
cinque milioni, pari al venticinque per cento di venti milioni, costituenti la differenza tra la
spesa massima dei primi due scaglioni (rispettivamente di cinque e venticinque milioni),
nonché il cinque per cento della ulteriore spesa superiore ai venticinque milioni.
Ad esempio per una spesa di lire ottanta milioni il contributo sarà determinato come segue.
Contributo base: lire cinque milioni; contributo del venticinque per cento della differenza tra
lire cinque e venticinque milioni: lire cinque milioni; contributo del cinque per cento di lire
cinquantacinque milioni, cioè della differenza tra lire ottanta milioni e lire venticinque milioni:
lire due milioni e settecentocinquantamila.
In totale, quindi, per una spesa di lire ottanta milioni può essere erogato un finanziamento di
lire dodici milioni e settecentocinquantamila (somma fra le cifre parziali di lire cinque milioni,
cinque milioni e due milioni e settecentocinquantamila).
4.12. Ai sensi del comma 1 dell’art. 9 i contributi sono comulabili con quelli concessi a
qualsiasi titolo al condominio, al centro o istituto o al portatore di handicap; tuttavia, qualora
l’altro contributo sia stato concesso per la realizzazione della stessa opera, l’erogazione
complessiva non può superare la spesa effettivamente sostenuta.
Pertanto il contributo è pari alla effettiva spesa residua non coperta da altri contributi
specifici.
Il contributo così computato deve essere erogato entro quindici giorni dalla presentazione
delle fatture, ai sensi del comma 5 dell’art. 10.
4.13. Il procedimento amministrativo per la concessione ed erogazione del contributo così
può riassumersi.
L’interessato presenta la domanda (con le indicazioni e le documentazioni descritte) entro il
1° marzo di ciascun anno (entro il 31 luglio per il 1989) al sindaco del comune in cui è sito
l’immobile.
L’amministrazione comunale effettua un immediato accertamento sull’ammissibilità della
domanda, subordinata alla presenza di tutte le indicazioni e documentazioni, alla
sussistenza in capo al richiedente di tutti i descritti requisiti necessari per la concessione del
contributo, all’inesistenza dell’opera, al mancato inizio dei lavori ed alla verifica della
congruità della spesa prevista rispetto alle opere da realizzare.
Entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande, il sindaco,
sulla base delle domande ritenute ammissibili, stabilisce il fabbisogno del comune,
computando in relazione all’importo complessivo dei contributi determinati in base ai criteri di
cui al comma 2 dell’art. 9; forma inoltre l’elenco delle domande, ordinate secondo i criteri di
cui all’art. 10, elenco che deve essere pubblicato mediante affissione presso le casa
comunale.
4.14. Il sindaco comunica alla regione il fabbisogno così individuato, unitamente ad un
elenco delle domande ammesse ed a copia delle stesse; la regione determina il proprio
fabbisogno complessivo e trasmette al Ministro dei lavori pubblici entro 30 giorni dalla
scadenza del termine di cui al comma 4 dell’art. 11, la richiesta di partecipazione alla
ripartizione del Fondo per la eliminazione ed il superamento delle barriere architettoniche
negli edifici privati di cui all’art. 10.
Il Fondo viene annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del Ministro dei
lavori pubblici di concerto con i Ministri per gli affari sociali, per i problemi delle aree urbane
e del tesoro, in proporzione al bisogno indicato dalle regioni.
Le regioni ripartiscono a loro volta le somme assegnate ai comuni richiedenti; per quanto
riguarda i criteri di tale ripartizione, si rappresenta a titolo meramente esemplificativo che
può essere effettuata o in misura proporzionale ai vari fabbisogni ovvero, qualora l’eccessivo
numero di domande rispetto alle disponibilità finanziarie possa implicare una frantumazione
dei contributi in quote di valore insufficiente a coprire le singole richieste, privilegiando il
fabbisogno dei comuni ove sono state presentate domande con diritto di precedenza.
4.15. I sindaci, entro trenta giorni dalla comunicazione delle disponibilità come sopra
attribuite, assegnano, dandone tempestiva comunicazione al richiedente, i contributi agli
interessati la cui richiesta, tempestivamente formulata, sia stata a suo tempo ammessa ed
inserita nell’elenco trasmesso alla regione.
4.16. Per l’ipotesi in cui le somme attribuite al comune non siano sufficienti a coprire l’intero
fabbisogno, il comma 4 dell’art. 10 detta due criteri (subordinati ed integrati) di precedenza
da seguire nella ripartizione; primo criterio è quello della assoluta precedenza per le
domande presentate da portatori di handicap riconosciuti invalidi totali con difficoltà di
deambulazione dalle competenti unità sanitarie locali; criterio subordinato è quello
dell’ordine cronologico di presentazione delle domande.
Pertanto, l’elenco delle domande deve formarsi dando precedenza agli handicappati aventi
le caratteristiche testé rammentate, ordinate fra loro in base al subordinato criterio
cronologico (che in tal caso integra il primo criterio); quindi devono porsi le altre domande,
disposte in base all’ordine temporale di presentazione.
I contributi vengono concessi nell’ordine così formato.
4.17. Le domande non soddisfatte nell’anno per insufficienza di fondi restano comunque
valide per gli anni successivi, senza la necessità di una nuova verifica di ammissibilità: esse
tuttavia perdono efficacia qualora vengano meno i presupposti del diritto al contributo (ad
esempio: trasferimento dell’istante in altra dimora).
Tali domande mantengono l’ordine cronologico di presentazione, fermo restando la
precedenza delle domande degli handicappati riconosciuti invalidi totali con difficoltà di
deambulazione dalla competente U.S.L., anche se presentate nell’anno successivo.
Nell’ipotesi in cui la domanda sia rinviata per l’eventuale soddisfazione all’anno successivo e
si verifichi nel frattempo un aumento dei costi per la realizzazione dell’opera, il richiedente
può comunicare la variazione della spesa prevista: la domanda deve quindi intendersi
formulata per il nuovo importo.
4.18. La concreta erogazione del contributo deve avvenire dopo l’esecuzione dell’opera ed
in base alle fatture debitamente quietanzate: il richiedente ha pertanto l’onere di comunicare
al sindaco la conclusione del lavori con trasmissione della fattura: entro 15 giorni il comune,
accertato l’effettivo compimento dell’opera e la conformità rispetto alle indicazioni contenute
nella domanda, provvede all’erogazione, dandone comunicazione al richiedente ed
all’avente diritto.
Qualora la spesa effettivamente sostenuta risulti inferiore a quella originariamente indicata
nella domanda come spesa prevista, e sulla quale pertanto è stata computata l’entità del
contributo, il contributo è ridotto tenendo conto della minor spesa, sempre in applicazione
dei criteri stabiliti dal comma 2 dell’art. 9 (illustrati al punto 4.11).
Le somme residue non erogate in favore del richiedente a cui erano state concesse,
vengono assegnate alle domande inevase, in ordine di graduatoria.
Qualora la spesa effettiva risulti invece superiore a quella prevista, non può farsi luogo ad
una erogazione superiore a quella assegnata.
4.19. Per quanto riguarda l’ambito di applicazione delle norme in esame, si rileva che i
contributi possono essere erogati per interventi in edifici privati, come emerge, fra l’altro,
dalla stessa denominazione del Fondo speciale istituito presso il Ministero dei lavori pubblici.
Ciò premesso, si rileva come la legge 27 febbraio 1989, n. 62, di modifica ed integrazione
alla L. 13/1989, abbia introdotto la possibilità di concedere contributi anche per opere da
realizzare in edifici adibiti a centri o istituti residenziali per l’assistenza agli handicappati.
Tale espressa previsione consente l’erogazione anche qualora l’edificio su cui si deve
intervenire, ove abbia sede il centro o istituto, non sia privato.
Affinché sia concedibile il contributo occorrerà sempre che l’handicappato abbia dimora
stabile, abituale ed effettiva nell’edificio e che non possa superare la barriera architettonica
con strumenti, accorgimenti o soluzioni diversi. Ad esempio, qualora sia possibile assegnare
all’handicappato residente in un istituto una stanza al piano terreno, evitando così l’ostacolo
costituito da una rampa di scale, non potrà concedersi il contributo per un servoscala.
I contributi possono comunque essere concessi per consentire l’accesso o la visitabilità delle
singole porzioni di immobile assegnate specificamente all’handicappato (stanza,
appartamento ecc…), dei servizi igienici di uso individuale o collettivo e degli spazi di uso
collettivo (quali sale da pranzo, gabinetti medici ecc…), esclusi i locali di servizio (quali
depositi, cantine ecc…).
Il contributo, richiesto sempre dal portatore di handicap, viene concesso al soggetto onerato
della spesa, quindi all’handicappato o al centro o istituto.